Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2497 del 28 aprile 2016, ha affermato che in caso di contrasto tra gli atti della lex specialis, prevale il contenuto del bando di gara poiché le clausole contenute nel capitolato speciale e nel disciplinare possono esclusivamente integrare ma non modificare quelle stabilite dal bando stesso.
La lex specialis di gara va dunque interpretata, secondo le generali regole civilistiche, in senso “letterale” e, pertanto, le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie non devono mai ricadere sul concorrente, in applicazione del c.d. principio di “autoresponsabilità".
Il criterio di interpretazione secondo buona fede previsto dall'art. 1366 c.c. è dunque richiamabile anche per gli atti amministrativi i cui effetti devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla p.a. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative (in senso conforme Cons. Stato, Sez. III, n. 4364 del 24 settembre 2013).
Il principio di diritto tracciato con la pronuncia pone dei limiti rilevanti all'attività "correttiva" delle stazioni appaltanti a gara in corso e sottolinea ancora una volta l'importanza della redazione dei bandi in modo chiaro e comprensibile per i concorrenti.