Con uno stringato comunicato stampa, la Corte costituzionale ha reso nota la dichiarazione di illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui aveva previsto il carattere obbligatorio della mediazione.
Alla notizia si è scatenato un uragano. Da un lato i sostenitori dell'istituto, convinti del suo valore deflattivo dell'enorme carico di lavoro degli uffici giudiziari italiani, dall'altro i contestatori, certi della sua inutilità ed ancor di più del fatto che si tratti dell’ennesimo oneroso ostacolo posto tra il cittadino e la Giustizia.
Addirittura c’è chi, ci riferiamo al noto giornalista RAI Bruno Vespa, ha usato il mezzo televisivo per imputare alla “lobby degli avvocati” la decisione d’incostituzionalità della Consulta perché, parole sue, “la mediazione obbligatoria serviva ed era già servita l’anno scorso - dati del Ministro Severino all’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario - a far scendere i processi civili”. Per Vespa la mediazione “è stata dichiarata incostituzionale e non ne farete un’altra perché gli avvocati ve lo impediranno", infatti "gli avvocati guadagnano sui processi lunghi”. Tanta indignazione è facilmente spiegata sol ricordando che la mediazione è stata ideata dalla dottoressa Augusta Iannini, che di Vespa è la consorte.
In verità, la mediazione non è stata affatto dichiarata incostituzionale, come Vespa tenta di far credere.
Ma ne è stata dichiarata illegittima l’obbligatorietà. Il decreto legislativo n. 28 del 2010 aveva infatti introdotto questo nuovo strumento rendendolo obbligatorio dal 21 marzo 2011 per le controversie civili vertenti in materia di diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto, servitù di passaggio, e altro), divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziarie.
Dal 20 marzo 20102 era stata imposta l’obbligatorietà per le controversie in materia di condominio e per quelle di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.
Insomma, per gran parte delle controversie civili, il cittadino era costretto a ricorrere ad un obbligatorio tentativo di conciliazione che doveva svolgersi presso organismi accreditati con la collaborazione di un soggetto terzo, il mediatore, pagando le spese ed un compenso per il professionista calcolato in rapporto al risultato raggiunto. La mancata partecipazione della controparte al procedimento così promosso avrebbe comportato solo un minimo costo per il cittadino ricorrente ma sarebbe stata valutata nella successiva sede giudiziale per una possibile condanna al pagamento delle spese processuali.
Ora, con la pronunzia in parola, il carattere obbligatorio del procedimento di mediazione è stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega. In attesa del deposito della motivazione del provvedimento, è facile intuire che la Consulta abbia ritenuto che la delega che il Parlamento aveva dato al Governo per l’adozione del decreto legislativo non poteva comprendere, perché di esclusiva competenza del Parlamento stesso, un limite al diritto del cittadino di ricorrere alla giustizia ordinaria sancito dall’art. 24 della Costituzione.
In buona sostanza, il procedimento di mediazione, lungi dall’esser stato espunto dal nostro ordinamento, è stato solo reso non più obbligatorio, ma meramente facoltativo. Sarà dunque il cittadino a decidere se tentare di risolvere la propria controversia avviando il procedimento di mediazione o meno, rivolgendosi direttamente al giudice. Come Bruno Vespa ha detto di aver fatto anni fa, ricorrendo alla mediazione non ancora obbligatoria ed ottenendo – pare – la soluzione del proprio problema in “due sedute due!”, altrettanto potrà esser fatto oggi, ma certo questo passaggio non potrà più esser considerato obbligatorio.
Invero, sul reale funzionamento dell’istituto si potrebbe discutere a lungo.
Pochi sono gli organismi che operano veramente bene e tra quei pochi, guarda caso, quasi tutti sono stati avviati e sono gestiti da avvocati.
In molti casi, invece, il procedimento di mediazione risulta esser un’inutile perdita di tempo e, spesso, anche di denaro. Organismi con strutture e mezzi inadeguati, con addetti tutt’altro che capaci di gestire un importante carico di lavoro, mediatori incompetenti o impreparati a svolgere il loro compito, hanno, di fatto, reso scarsamente efficace l’istituto. Insomma, la mediazione non è mai stato l’uovo di Colombo per la soluzione dei mali della Giustizia, checché ne dica Bruno Vespa.